Il signor nessuno alla ricerca del suo nome




Il circo delle maschere




“Entrate, entrate, ho le maschere più belle del mondo. Prezzi modici e sconti per famiglie”. Rossa di capelli, la gonna a ruota sotto la quale si vedevano le calze ricamate nere, l’aiutante dell’artigiano con un sorriso smagliante sollevava ogni tanto la tenda dorata del capannone perché qualcuno potesse dare una sbirciatina, ma piccola piccola, all’interno e intravedere l’immaginare di tesori che potevano nascondersi fra velluti e pizzi. Ogni maschera era adagiata su un cuscino. Ogni maschera veniva ritoccata a seconda delle esigenze del compratore. 
Facendo ondeggiare la gonna a campana di mille colori e mettendo in mostra il corpetto aderente giallo, l’aiutante mostrava le mille meraviglie che si potevano trovare dietro quel tendone d’oro. 
Il signor nessuno si fermò. E spostando il peso da un piede all’altro cercava di muoversi in controtendenza all’ancheggiare dell’aiutante dai capelli rossi così da poter guardare cosa c’era all’interno. Ma la donna sapeva come fare. Conosceva l’antica arte della seduzione e soprattutto della curiosità senza lasciare intravedere nulla. 
E alla fine cedette anche il signor nessuno. Posso entrare? chiese scavalcando la gente divenuta solida come una barriera, ferma mentre temeva di essere costretta a comprare una maschera che non serviva e non voleva, ma curiosa  comunque di conoscere quel mondo. 
Ma la prego si accomodi, rispose suadente l’aiutante alzando un po’ di più sia la gonna a campana che la tenda dorata per far entrare il signor nessuno. 
E varcata quella soglia il mondo fantastico del mascheraio si svelò davanti agli occhi dei visitatori. 
C’erano maschere dappertutto, una su ogni cuscino proprio come aveva detto l’aiutante dai capelli rossi. Pizzi e velluti esaltavano la bellezza di quei lineamenti finti e le luci, posizionate per nasconderne i difetti, creavano un alone quasi magico. Sono bellissime, pensò il signor nessuno sfiorandone una con le dita. Il tocco leggerissimo si fermò sugli occhi, sulle sopracciglia lievissime e morbide come piume, sull’incavo del mento che delineava il contorno di un viso che pareva sorridente eppure dava una certa soggezione. 
Ecco, pensò il signor nessuno, è per questo che molti le comprano così possono finalmente essere loro stessi senza dover fingere. Quelle maschere infatti quando venivano indossate liberavano l’anima di un essere che non poteva più nascondersi. 
Il signor nessuno ne prese una e se la posò sul viso. Immediatamente un lampo gli folgorò la mente. Si rivide bambino seduto sulle ginocchia del papà. Più grande con quella camicia che gli piaceva tanto e che lo faceva sentire già un po’ uomo. E poi vide il peccato originale quella prima volta che aveva mentito e di lì il buio di una vita che spesso avrebbe voluto cambiare. 
Staccò la maschera e ritornò ai suoi labirinti. Ma avvertì dietro di lui una presenza, come se qualcuno volesse avvicinarsi ma all’ultimo momento non aveva avuto il coraggio e fosse rimasto a guardarlo da lontano mentre provava la maschera. 
Si voltò ma vide solo l’aiutante. La sua gonna ondeggiava e lei sorrideva. Poi la vide. La ragazza che suonava l’oboe, la musicista aggredita con l’olifante. Ne avvertì la storia sulla pelle. Uscì dal tendone e la seguì fin sulla strada. Non aveva chiesto il suo nome alla vecchina della casa azzurra quando gli aveva raccontato cosa era accaduto. 

In verità da quando aveva perso il suo di nome anche quelli degli altri avevano assunto poca importanza, ma in quel caso avrebbe voluto saperlo e per saperlo non c’era altro modo che raggiungerla.

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