Il lupo e la bambina nel paese dei luoghi comuni







La bimba con la mantellina rossa aveva un amico. Era un lupo bianco con delle macchie nere sul muso e delle lunghe zanne. Ogni mattina la bambina arrivava al bosco e si fermava. Fischiava, e il lupo arrivava. Lei gli portava i biscotti, pezzetti di carne che avanzavano a cena, del pane. Apriva il cestino e il lupo correva e scodinzolava. D’estate la bimba con la mantellina rossa si stendeva sui prati e il lupo le si sdraiava affianco. Lei lo accarezzava piano sulla testa fin quando lui non chiudeva gli occhi beato e continuava a bearsi di quel momento di dolce intensità. C’era pace. 
La bimba con la mantellina rossa raccontava tutto al lupo. Quando erano soli, protetti da una grotta o riscaldati da un fuoco lei gli raccontava di quel giorno che aveva visto il papà baciare una signora bruna con un gran cappello. Di quella volta che suo fratello aveva aperto il borsellino della mamma prendendo quei pochi spiccioli che restavano. Di come lei li guardasse tutti stupiti quando la sera a tavola si sedevano e si facevano il segno della croce prima di iniziare a mangiare. 

La bimba con la mantellina rossa amava il lupo e il lupo amava la bimba con la mantellina rossa. Ma un giorno mentre erano distesi su un prato, un bambino grassoccio e con gli occhiali li vide. Che fate? chiese spaventandoli. Il lupo scappò e la bambina con la mantellina rossa si alzò di scatto: niente, disse, sto andando dalla nonna, non vedi che ho il cestino con pane e formaggio? Ma la voce la tradì. Quella incrinatura, quel leggero sospiro, fecero intendere e capire che loro due, su quel prato, si nascondevano alla gente. 

Il bambino grassoccio le si parò davanti. Mi stai mentendo, disse, i lupi sono cattivi e tu sei una strega. E prima ancora che la bimba con la mantellina rossa potesse aprire bocca, lui era già sparito, dileguato tra i fiori non sbocciati e l’erba che sapeva di rugiada. La bambina con la mantellina rossa tornò di corsa a casa. Il cuore batteva battiti d’angoscia e la mente andava già a cosa poter dire, ma ogni scusa era finta. E più pensava a cosa dire quando le avrebbero chiesto del lupo più la mente le si bloccava. La paura prese il sopravvento. 
Perché?, chi è?, che fate?, come lo hai addomesticato?, e piano piano il lupo divenne un uomo e un uomo divenne un drago e il drago si trasformò in un mago malefico e maligno. La bimba era stordita. La sua mantellina rossa era stata ridotta a brandelli e ogni brandello divenne un serpente e poi una lingua di fuoco. 

La sentenza fu una liberazione. Voleva solo che finisse tutto. Ma proprio per questo nessuno la portò al patibolo. La condanna fu un eterno ricordo di quanto era avvenuto fino al momento in cui la bimba senza più la mantellina rossa non avesse capito di aver sbagliato. A fare cosa non si poteva sapere. 

Passarono i mesi e gli anni e la bimba senza la mantellina rossa camminava ogni giorni tra gente che le ricordava il suo malfatto. Ricorda del lupo, le dicevano. Ricorda che hai mentito, le ripetevano. Lei passava e guardava diritto davanti a sé. Ma il cuore le batteva forte e si sentiva stordita come quel giorno in cui fu vista sul prato con il lupo. 

Il lupo non lo aveva più rivisto, ma seppe che tornava sul prato ogni giorno. Era lei che non ci era più tornata e ora viveva in un luogo comune sopraffatta dai luoghi comuni senza prati ma con treni che arrivano in orario.

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