Il signor nessuno alla ricerca del suo nome
L'isola dei fiori opachi
Qualcuno aveva detto al signor nessuno che doveva raggiungere l’isola dei fiori opachi. Lì avrebbe ritrovato le tracce della guastatrice. Tracce che avrebbero potuto condurlo da lei. Ma, aveva aggiunto qualcun’altro, la ricerca sarebbe andata a buon fine se avesse voluto trovarla per davvero.
In verità il signor nessuno se lo stava chiedendo già da un po’ di tempo se davvero voleva incontrare la guastatrice per riappropriarsi del proprio nome. Insomma, pensava quando era da solo, riprendersi il proprio nome non era cosa facile. A perderlo era nulla. Ma ritrovarlo… non era mica affar da poco. E se avesse ricordato qualcosa di spiacevole? Non sapeva se era pronto a farlo.
Però, pensò, doveva comunque andare sull’isola dei fiori opachi. Era deciso.
Il signor nessuno si recò al porto e trovò una barca con la quale attraversare il mare. A lui si unirono un signore cieco con un cane, un pirata e una ragazza che studiava per diventare cartomante. Per tutti, l’isola dei fiori opachi, nascondeva un segreto.
Quando salirono a bordo della barchetta il signor nessuno si mise ad un remo, il cieco all’altro remo e il pirata al timone. La ragazza preparava caffè per tutti. Tenerli svegli non sarebbe stato facile. E, visto il suo corso di laurea, avrebbe letto le carte nautiche.
Ohhhissa. Ohhhissa, cominciarono a remare. Ohhhissa. Forza. La barchetta filava liscia. Sfiorava quasi le onde con la carena quando dall’increspatura del mare spuntò una testolina. Fermi, disse il signor nessuno. Ho visto qualcuno a mare.
Si sporse a babordo. Si sporse a tribordo. Si risporse a destra e poi a sinistra e continuò fin quando non vide la testolina emergere, prendere fiato e poi reimmergersi per nuotare. Allora la chiamò: ragazzina, ragazzina. Ma che fai? le chiese quando lei, sempre continuando a nuotare, alzò un po’ la testa per prendere aria.
Nuoto, rispose.
Lo vedo, disse il signor nessuno. Ma come mai da sola in mezzo al mare? Se arriva uno squalo? disse tanto per provocarla.
E lei: me ne farò una ragione, tocca a tutti morire.
Non soddisfatto di quella risposta il signor nessuno riprovò: tra un po’ sarà buio, sali sulla barca e riprendi a nuotare domani mattina.
No, non posso perdere il ritmo.
Ma ti riposi, riprese il signor nessuno.
La ragazzina soffocò una risata tra le onde: è il ritmo della mente che rischio di perdere.
Fermati, disse il signor nessuno con tono di voce autoritario, questo dialogo è surreale e non mi piace.
La ragazzina posò una mano sul bordo della barca e si lasciò andare. Abbassò le spalle, perse la concentrazione, piegò la testa e disse: ora ti spiego, e poi vado via senza che tu mi chiami più. Io nuoto contando le bracciate. Questo mi fa dimenticare addirittura che c’è un mare che divide le terre e sicuramente mi fa dimenticare che ci siete voi sulla barca. Io conto e tengo i numeri a mente e mentre mi allontano, sulla riva vedo miriadi di persone che si sbracciano e tentano di farmi tornare. Io conto e li lascio lì. Sono tutti quelli con i quali ho un conto aperto. Su quella spiaggia li abbandono uno per uno. Li guardo mentre vado via. E conto. Uno, due, tre, cento, mille perché sono in mille fino ad ora a stare a riva, i piedi nell’acqua, mentre mi lanciano salvagenti di sensi di colpa. E non si arrendono. Vorrebbero che tornassi indietro perché sanno che quell’isola prima o poi esploderà e loro con lei. Saranno i miei numeri a farla esplodere. Salteranno tutti in aria mentre io resto a mare. Decidi ora se perdere la speranza o la memoria.
Il signor nessuno si scostò con un balzo come se fosse stato punto da uno spillone. Remiamo, disse al compagno cieco. Lasciò la ragazzina e fece rotta verso l’isola dei fiori opachi fino a quando un lampo non lo richiamò alla realtà. Era troppo lontano per capire se l’isola era esplosa o era un temporale che si avvicinava. E mentre remava cominciò a contare.
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