Il signor nessuno alla ricerca del suo nome
Il paese di Soprappensiero
Andiamo, andiamo. Disse il signor nessuno facendo cenno al gruppo di accelerare il passo. Il tempo era poco, sempre meno. La guastatrice aveva calcolato tutto, anche questo. Aveva calcolato che nei viaggi della quotidianità il signor nessuno facilmente si sarebbe perso. O avrebbe perso un po’ della sua voglia di cercarla, che era la stessa cosa in fondo.
Sul suo cammino strane persone, donne bellissime, animali di cartapesta e paesaggi senza confini avrebbero avuto il compito di allontanarlo da lei e da se stesso.
Ma il signor nessuno non di rado, nel voltarsi indietro a vedere quanta strada aveva percorso dal momento in cui aveva perso il suo nome, ricordava che aveva una missione da compiere. E in quei momenti la guastatrice avvertiva una fitta allo stomaco. Il dolore le ricordava che non era finita. La battaglia era lunga.
Ma fu quando tentò di fargli perdere la ragione nel paese di Soprappensiero che il signor nessuno capì quanto potente potesse essere l’oblio e la potenza della gustatrice.
Era arrivato in un paese dove il cielo era sempre oscurato da un volo perenne di uccelli. Corvi e gabbiani di giorno. Mentre la notte solo le civette continuavano a restare sospese. Non era mai buio nel paese di Soprappensiero, ma non era nemmeno mai giorno. Così appena finito di lavorare o di studiare, uomini e donne si chiudevano in casa. Con un sospiro lasciavano libero il pensiero.
O meglio, non era proprio così. Perché a loro non era consentito di far vagare il pensiero libero così che potesse arrivare sopra le vette più alte, delle montagne più alte, o sui mari più blu e profondi che mente ricordasse. Il loro pensiero era condannato a restare sulla terra. In quel sospiro si concedevano, è vero il vagare, ma ancorandolo ben saldamente alla terra. E comunque corvi, gabbiani e civette non avrebbero mai consentito che qualcuno o niente volasse più in alto di loro.
Le rare volte che uscivano, uomini e donne, camminavano per strada tenendo gli occhi bassi o fissi in avanti, senza vedere nient'altro che ciò che arrivava al loro naso. A Soprappensiero ognuno pensava sé.
Solo i bambini, che ancora non erano stati iniziati a questo tipo di metamorfosi, riuscivano ad aprire il cuore e la mente e a vagare, seppur distratti, fino ai confini di quel paese. Ma questo stato di grazia non durava molto. Già alle prime scuole, in prima e qualcuno più fortunato anche in seconda classe, perdevano questa connotazione e si adeguavano. Lasciavano i prati verdi e gli animali strani che uscivano da cappelli e da scatole magiche, e ripiegavano i loro pensieri. Ogni giorno di più. Fino a pensare solo a sé.
Stava accadendo la stessa cosa al signor nessuno quando un bambino lo fermò per strada e gli chiese di vedere cosa c’era dentro il suo cappello. La fodera, rispose il signor nessuno ripiegando anche le piccole ali di fantasia che ancora resistevano. Affranto il bambino aprì il cappotto e gli fece vedere che da una tasca usciva un fiore. Puoi sentirne il profumo se vuoi, gli disse il bambino. Ma il signor nessuno fece cenno di no con la testa.
Allora guarda da vicino i colori, ripetè il bambino. Ma il signor nessuno fece ancora una volta di no con la testa. E nel muovere il capo da destra a sinistra e da sinistra a destra, nella mente del signor nessuno tornarono una donna bellissima che piangeva lacrime d’oro, un pupazzo di neve che chiedeva solo di avere un po’ di calore umano, una ballerina e una vecchia che sedeva sul portico della sua casa azzurra.
Allora guarda da vicino i colori, ripetè il bambino. Ma il signor nessuno fece ancora una volta di no con la testa. E nel muovere il capo da destra a sinistra e da sinistra a destra, nella mente del signor nessuno tornarono una donna bellissima che piangeva lacrime d’oro, un pupazzo di neve che chiedeva solo di avere un po’ di calore umano, una ballerina e una vecchia che sedeva sul portico della sua casa azzurra.
Il passato che tornava.
Il signor nessuno stavolta scosse la testa con maggiore intensità. Qualcosa baluginò e sentì forte, forte, la presenza di qualcuno tanto che si voltò di scatto. Ma l’ombra lo lasciò solo. Soprappensiero sparì all’orizzonte. Il bambino lo prese per mano e si incamminò con lui.
La guastatrice avvertì quella fitta dolorosissima al ventre. E ricordò le parole di un fantasma: se ci si perde ci si può anche ritrovare. Affilò le unghie laccate. Era ora.
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